Responsabile :
Annalisa Romele, Direttore Amministrativo
Personale Amministrativo :
Maria Ferrara, Funzionario Contabile
Carmela Cavalli, Operatore Giudiziario
Orario al pubblico :
Dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle ore 12.00.
Ubicazione :
Via Lattanzio Gambara, 40 - 25121 Brescia (BS), Quinto Piano - Ascensore 6 - Scala F
INFORMAZIONI GENERALI
La persona che ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale a causa dell’eccessiva durata di un processo può chiedere un'equa riparazione.
Il ricorso va proposto nei confronti:
La domanda di riparazione può essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il processo è divenuta definitiva.
Per la presentazione del ricorso è necessaria l’assistenza di un avvocato.
Il termine di durata ragionevole del processo si considera rispettato, se il processo non eccede la durata di:
Se il procedimento di esecuzione forzata si è concluso in tre anni, e se la procedura concorsuale si è conclusa in sei anni, se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni
La domanda si propone entro i termini sopra detti, con ricorso depositato nella Cancelleria della Corte di Appello, sottoscritto da un difensore munito di procura speciale e contenente gli elementi d i cui all'art. 125 c.p.c. La Corte di Appello, entro 6 mesi dal deposito della domanda, deve pronunciarsi con decreto immediatamente esecutivo ed impugnabile in Cassazione.
Prima di poter ricorrere alla Corte di Giustizia, per la violazione dell’art. 6 della Convenzione, occorre aver esperito necessariamente il ricorso in Corte d'Appello e il successivo in Cassazione. Il termine per proporre ricorso alla Corte di Giustizia è di quattro mesi decorrenti dalla data della decisione nazionale definitiva (art. 35 della Convenzione).
CHI PUÒ RICHIEDERLO
Il diritto all'equa riparazione spetta a tutte le parti del processo, attori o convenuti, indipendentemente dall'esito del giudizio presupposto e dal fatto che esse siano risultate (o destinate ad essere, per giudizio ancora in corso) vincenti o soccombenti in sede civile o condannate in sede penale. Il diritto allo svolgimento del processo entro un termine ragionevole è riconosciuto esclusivamente con riferimento alle parti in causa, e non anche ai soggetti che siano ad esso rimasti estranei, ritenendosi non rilevante l'eventualità che questi ultimi possano aver subito danni indiretti legati al protrarsi del processo. Nel caso di un giudizio penale la persona offesa dal reato ed il querelante sono legittimati a chiedere l'indennizzo solo a patto che si siano costituiti parte civile nel processo penale. Il diritto all'equa ripartizione va riconosciuto anche in favore degli eredi della parte che abbia introdotto il giudizio (anche antecedente all'entrata in vigore la legge 89/2001 c.d. Legge Pinto), a patto che la domanda di equa riparazione non sia stata già proposta alla Corte di Strasburgo e che questa si sia pronunciata sulla sua inammissibilità.
Il procedimento è da depositarsi mediante iscrizione a ruolo sul Registro della Volontaria Giurisdizione - Corte d'Appello con il Codice Oggetto: 406402
La procedura è esente da contributo unificato ma è previsto il pagamento di Euro 27,00 di marca da bollo.
COME RICHIEDERE LA LIQUIDAZIONE DEL DECRETO DI ACCOGLIMENTO
Questa Corte di Appello è delegata al pagamento dei beneficiari dei decreti in base alla Legge n. 89/2001, emessi dalla stessa, ove la parte soccombente sia il Ministero della Giustizia.
Ai sensi dell’art. 5-sexies della Legge de qua, al fine di ricevere il pagamento dell’indennizzo riconosciuto, il creditore è tenuto a rilasciare all’Amministrazione debitrice dichiarazione resa ai sensi degli artt. 46 e 47 , D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la data di notifica del ricorso introduttivo e del decreto che accoglie la domanda (eseguita, a pena di inefficacia, entro 30 giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento all’Avvocatura dello Stato competente per territorio), la mancata riscossione di somme riconosciute a titolo di indennizzo, l’eventuale esercizio di azioni giudiziarie per lo stesso credito, l’ammontare degli importi che l’Amministrazione è ancora tenuta a corrispondere e la modalità di riscossione prescelta.
Con D.M. 28 ottobre 2016 il Ministero ha approvato quattro modelli di dichiarazione (validi per i decreti emessi prima del 31/12/2021):
L’art. 2 dello stesso decreto prevede che alla dichiarazione debbano essere allegate copia del documento d’identità in corso di validità del dichiarante e copia del tesserino del codice fiscale o tesserino sanitario del dichiarante.
Si precisa che:
Le spese legali vengono liquidate direttamente al ricorrente/beneficiario, tranne che nel caso in cui sia stata riconosciuta nel decreto di accoglimento della domanda la distrazione delle stesse. In tal caso l’avvocato antistatario è tenuto ad inviare all’ufficio competente per la liquidazione l’apposito modello di dichiarazione, precisando nello stesso se trattasi di studio associato e riportandone eventualmente i dati fiscali. Ad ogni buon conto, ai fini del pagamento delle spese legali riconosciute è necessario che nella dichiarazione sostitutiva venga indicato il regime fiscale scelto dall’avvocato difensore e che venga trasmessa all’ufficio competente per la liquidazione nota pro-forma della fattura che verrà emessa al fine di calcolare se dovuti iva-cpa e r.a. (ciò anche quando non è riconosciuta distrazione).
Il ricorrente/beneficiario, persona fisica o giuridica, può autorizzare persona diversa (anche Avvocato difensore) alla riscossione delle somme riconosciutegli. Tuttavia ciò dovrà risultare da procura speciale notarile, da inviare all’ufficio competente per la liquidazione, unitamente alla dichiarazione firmata dal ricorrente nella quale va riportata tale circostanza.
Nel caso in cui siano state esperite procedure esecutive volte al recupero del credito vantato e riconosciuto, occorre che tale circostanza sia riportata nella dichiarazione sostitutiva, nella quale va attestata la mancata riscossione delle somme riconosciute a titolo di indennizzo e di spese di procedura. Vanno inviati all’ufficio competente per la liquidazione i relativi atti esecutivi (atto di precetto, atto di pignoramento, ordinanza di assegnazione somme), nonché prova dell’invio all’Amministrazione della dichiarazione sostitutiva “completa e regolare” nei sei mesi precedenti l’inizio delle procedure esecutive. Ciò per completezza, al solo fine di inserire tale documentazione nel sistema nazionale e scongiurare un eventuale doppio pagamento, considerato che la Corte d’appello non ha delega ministeriale per il pagamento di quanto riconosciuto in sede esecutiva, ma solo ed esclusivamente di quanto riconosciuto con il decreto che accoglie il ricorso ex Lege Pinto. Le spese di procedura, pertanto, vanno richieste direttamente alla sede centrale del Ministero.
Ai sensi dell’art. 5-sexies, commi 4 – 5 e 7 della Legge n. 89/2001, così come modificati dalla Legge n. 208/2015, nel caso di mancata, incompleta o irregolare trasmissione della dichiarazione o della documentazione l’ordine di pagamento non può essere emesso.
L’amministrazione effettua il pagamento entro sei mesi dalla data in cui sono integralmente assolti gli obblighi previsti. Il termine non inizia a decorrere in caso di mancata, incompleta o irregolare trasmissione della dichiarazione o documentazione. Prima che sia decorso il termine di sei mesi, i creditori non possono procedere all’esecuzione forzata, alla notifica dell’atto di precetto, né proporre ricorso per l’ottemperanza del provvedimento.
LINK UTILI
Accedendo al link è possibile reperire i moduli di dichiarazione per i provvedimenti di condanna emessi prima del 31/12/2021.
Per i provvedimenti di condanna emessi dopo l'01/01/2022 si utilizza la procedura online, reperibile al seguente link.